2014 START WEARING LIFE project title: Start Wearing Life artist: Alessio Zemoz production: progettoSKIA curated by: Alessio Zemoz text by: Giulio Piatti This slideshow requires JavaScript. | ENG | Diary of an ordinary life In order to seize life, one must penetrate the in-between, the exact point where something ceases to be and something else is about to come to life. In this way art can be thought of as “couch grass”, as something always growing in the middle; it never settles on what is fixed, constant, motionless, but moves forward through exorbitant lines of flight that cannot be stopped. The in between is photography, the in between is life. Where to find life? In the middle, in the crossing. Start Wearing Life tells us about a similar try: to get over the limit of the photogram, to overcome the fixity of an isolated moment. The road becomes three-dimensional, the white lines thicken, the motion is there, palpable, in perpetual escape. And again, the bed is a set of folds in shaky positions: a break that seems already over. Truth or fiction? The artist never writes about his neurosis; autobiographism is always an excuse. Real experience and personal feelings only play a minor role in the artistic experience. In other terms, art is a superior form of fiction that places truth on a much more disturbing level, never on a basic one. Looking at these photos, one can understand that they hide, under a cloak of diarism, of memory – the father? love? The “by your side when” – an almost indefinable element of raw objectivity, of disturbing clarity. It is the effect of a radical decontextualization: life’s moments lose their warmth in the decomposition, in the fragmentation of a click, of a “capture”. A warm, clear and subjective memory, with a gentle temporality, becomes, for the external observer, an hallucinated vision, a cold, distancing and marmoreal journey. Faces of statues, showers with flowers, fields and refineries: an itinerary that becomes vaguely Lynchian. Narration is not missing, but it is no more the narration of life, of chronological events; it is a higher, arbitrary narration – the round recalls the round – that looks out onto the fate, while not indulging in it, always hanging in the balance between two worlds, two polarities. Start Wearing Life doesn’t want to resign, but always remains in the middle, a pure elegy of a further life – the art? The origin? The perversion? – which never leaves this earth, the earth of memories, of affections, of familiar warmth. Which life? Which lives? Giulio Piatti | ITA | Diario di una vita ordinaria. StartWearingLife è un’opera compiuta che affonda le sue radici in una matrice fotografica di tipo narrativo. A partire da una concezione diaristica della produzione di immagini fotografiche, l’autore si impegna a fare i conti con i generali concetti di amore, memoria e verità che, per due anni circa, sono indagati ed esplorati nell’ambito della vita di tutti i giorni. Una ricerca artistica che ha origine nell’intimità del quotidiano ma che presto, verrebbe da dire da subito, si trasforma in un’opportunità di costruzione narrativa altra e lontana. Il risultato è a tutti gli effetti un percorso poetico rielaborato e reinventato secondo una nuova logica di senso. Le immagini prodotte, infatti, sono riproposte al pubblico in un ordine cronologico, estetico e narrativo teso a ri-costruire arbitrariamente il senso dei luoghi, degli avvenimenti e delle relazioni poiché rielaborato dal filtro della memoria, dell’elaborazione psicologica e di quella estetica. Tale processo ridiscute il senso ultimo delle immagini e del loro processo produttivo, qui finalizzato alla diffusione pubblica del racconto per immagini che vive nella matericità della fotografia analogica e allo stesso tempo nello spazio virtuale del web. Quale vita? Quali vite? di Giulio Piatti Per cogliere la vita ci si deve inserire nei tra, nel frammezzo, nel punto esatto in cui qualcosa cessa di essere e qualcos’altro sta invece per nascere. E così che l’arte si può pensare come erbaccia, come ciò che sta sempre nel mezzo; mai posarsi sul fisso, sul costante, sull’immobile, ma muoversi attraverso vertiginose linee di fuga che mai possono arrestarsi, pena la morte.The in between is photography, the in between is life. Dove cercare la vita? Nel mezzo, nel passaggio. Start Wearing Life testimonia di un tale tentativo: superare i limiti del fotogramma, oltrepassare la fissità irreale di un istante isolato. La strada si fa tridimensionale, le linee bianche si ispessiscono, il movimento è là, palpabile, in perpetua fuga. E ancora, il letto è un insieme di pieghe in posizione instabile: un punto di sosta che già sembra terminato. Verità o finzione? L’artista non scrive mai delle proprie nevrosi; l’autobiografismo è sempre un pretesto. La verità delle esperienze e la soggettività dei sentimenti non appartengono ad un’esperienza artistica se non secondariamente. In altri termini, l’arte è una finzione superiore che ricolloca la verità su un piano sempre più inquietante, più disturbante. Non si è mai al livello zero. Si capisce allora che queste fotografie nascondono, sotto un manto di diarismo, di memoria – il padre? L’amore? Il by your side when – un piano di oggettività cruda, di inquietante lucidità, quasi indefinibile. E’ l’effetto di una radicale decontestualizzazione: gli istanti di vita perdono il loro calore nella decomposizione, nella frammentazione di uno scatto, di una “cattura”. Un ricordo nitido, caldo e soggettivo, dotato di una temporalità dolce, diventa, per l’osservatore, una visione allucinata, un percorso freddo, marmoreo, profondamente distanziante. Facce di statue, docce infiorate, campi e raffinerie, il percorso diviene vagamente lynchiano. Non che manchi una micronarrazione, ma non è più quella della vita, degli eventi cronologici; è una narrazione superiore, arbitraria – il tondo richiama il tondo – che si affaccia sul caso, pur senza abbandonarvisi completamente, ma rimanendo sempre in bilico, tra due mondi, tra due polarità. Start Wearing Life non si vuol rassegnare, ma rimane sempre nel mezzo, pura elegia di una vita ulteriore – l’arte? L’origine? La perversione? – che non abbandona questa terra, quella dei ricordi, degli affetti, del calore familiare. Quale vita? Quali vite? Giulio Piatti
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