2016 TEQUILA 177 project title: TEQUILA 177 artist: Alessio Zemoz production: progettoSKIA curated by: Alessio Zemoz This slideshow requires JavaScript. | ENG | TEQUILA 177 are name and number of one of the hundreds goats that every year are taken to combat in the field of a series of moving events which take place in spring, summer and autumn in the alpine region of Aosta Valley (Italy). These events are called “Batailles des chèvres”: goats combats. The animal that fight wins after defeating the highest number of rivals. The animal that fight keep being unhurt. Someone judges these events as bloodless. The animal that fight is always a female one. During last two years the author went to these events investigating this context in relationship with local traditional and cultural identity which is himself part of. The focus of this project is the human being: men, women and young, with the stories that they carry on the surface (cultural elements, social origin, age) and with the instincts that are laying under the veil of their image (happiness, natural awareness, ambition, fame). The tale develops a particular aesthetics with the purpose to emerge the resonances between human beings, objects, landscapes and pictures in order to suggest the emotional and unconscious dimension. “TEQUILA 177” experiments a simple but not simplified language, careful toward the in field as to the the out of field, toward the very small as to the very big: the relationship between the elements is always generating new forms of sense. The effort was to change the point of view from the inside of the project: everything is one and vice versa, in synchronicity. In terms of language solutions, TEQUILA 177 develops many different ideas about photography and its meaning concerning identity comprehension. This project deals with the emersion of cultural identity elements through the tale of what is called a series of local events focusing on a precise activity: goats fights. The most evident aspect of this project is that there are no images of goats fights. The author put the accent on the focus of this visual exploration: what can we find right there before, during and after the fight are all elements that can reveal cultural identity. There is some kind of “animal instinct” out there, beyond the fights, and part of the author is in synchronicity with. Not to show the fights doesn’t mean avoid to watch them and by consequence to deal with: it means to better understand the deep focus of the research and to suspend the judgment on animal treatment. It’s evident that goats fights are events made by human beings not for goats but for human beings themselves and that’s where the attention of the author goes to. Actually portraits are made before the battles and represent people that brought at least one goat into the ring. The same way landscapes were shot before the fights. During the fights were shot details and backwards portraits of the public: the pictures of the public were printed then framed and finally photographed once more on walls by a choice made by the author following aesthetic or personal reasons. Actually these kind of events are organized by the Association Comité Régional Bataille des Chèvres which receive a public economical contribution through the Agricultural Department as an integration in order to realize the championship: one of the expressed ambition is to improve the events also in the field of the complex touristic and gastronomic way. So who are these fights made for? Tourists: who and where are they? Farmers: who and where are they? Which future does it suggests? Finally this project is composed by pre existing pictures: the research ends after the fights, in other places, with the photographs of the winners of every event made by the organizers themselves that were taken by the internet, from the combats official website, and reframed by the author. All the elements are here mounted in a body of work with a circular structure in order to represent the metaphorical approach: for the author photography can’t be conceived out of the concept of dynamic experience, from the subject to the author, from the inside of the frame to the outside, from the very personal world to the public space, back and forth moving in circle. Alessio Zemoz | ITA | TEQUILA 177 sono nome e numero di una delle centinaia di capre che ogni anno vengono portate al combattimento in una serie di eventi itineranti primaverili, estivi ed autunnali che si svolgono in Valle d’Aosta e che prendono il nome di “Batailles des chèvres”: battaglie delle capre. La tradizione dell’allevamento caprino è antica e in passato contava una media di capi pro capite piuttosto alta. La razza più diffusa è quella definita Valdostana: rustica, dalle dimensioni importanti, corna possenti e corporatura tarchiata. I capi di razza sono particolarmente adatti alla vita di montagna e non secondariamente ai combattimenti che storicamente rappresentano un evento istituzionale già a partire dai primi anni ottanta del novecento. Nel 2016 il “Concorso Regionale” conta 14 appuntamenti su tutto il territorio più la “Finale Regionale” in Aosta. I capi che combattono sono in media un centinaio per evento, i partecipanti in media 28 (nel 2015). I capi che combattono sono suddivisi in categorie di peso e di età. I capi che combattono si aggiudicano la vittoria sconfiggendo il maggior numero di avversarie. I capi che combattono restano incolumi. Per alcuni sono battaglie incruente. I capi che combattono sono di sesso femminile. Per due anni, nel 2015 e nel 2016, l’autore ha frequentato le battaglie con l’obiettivo di generare un racconto per immagini capace di prendere in esame l’argomento specifico e metterlo in relazione con quello dell’identità tradizionale e culturale del territorio sul quale insiste e al quale egli stesso appartiene. In questa prospettiva il progetto TEQUILA 177 è occasione valida per interrogarsi nuovamente sul senso della propria esistenza in rapporto al tema specifico e sulla resistenza e trasformazione delle logiche della tradizione nel contemporaneo. TEQUILA 177, infatti, indaga il contesto a partire dagli uomini e dalle donne, dai giovani adulti e dai ragazzi che si rendono protagonisti degli eventi: un contesto di minoranza se paragonato ad altri gruppi. Ciò che qui rappresenta l’interesse prioritario dell’autore è l’uomo, con le sue narrazioni che porta in superficie (riferimenti culturali, estrazioni sociali, età), sui volti e sui corpi, nella postura e negli abiti, e con le sue pulsioni che nasconde sotto il velo trasparente della propria immagine (la felicità, la naturale consapevolezza, la competizione, l’ambizione, il riscatto, la fama). La narrazione infatti prende avvio dai ritratti di coloro che hanno personalmente condotto i capi all’interno dell’arena: uomini, donne e bambini, in alcuni casi allevatori di professione ma in molti altri semplici appassionati proprietari di capi unicamente destinati alla battaglia e non alla produzione casearia. Il racconto sviluppa poi un’estetica interessata all’emersione delle relazioni occulte, o meglio ancora delle risonanze, tra gli uomini (autore, spettatori e protagonisti), gli oggetti (cose e corpi) , i paesaggi (come e dove viene temporaneamente occupato il territorio) e le immagini al fine di suggerire la dimensione emotiva, irrazionale o addirittura inconscia che appartiene ad essi tanto quanto all’autore. In coerenza con i progetti precedenti, si è quindi sperimentato un linguaggio semplice ma non semplificato, attento alle questioni di campo e fuori campo, sensibile allo “stupor” del bambino interiore per le piccole cose del mondo che, se messe in relazione con quelle grandi degli eventi e degli uomini, generano nuove forme di senso, capace di utilizzare materiale diverso, a volte preesistente e rigenerarlo, e di accogliere l’intervento, non solo estetico, dell’autore che apre al tema della memoria, del senso dell’utilizzo dell’immagine stessa e della tradizione come veicolo di identità culturale di un territorio. Lo sforzo espresso è infatti quello di mutare il punto di vista internamente al progetto: guardare davanti ma anche dietro, da sopra e da fuori, sempre comunque mosso dalla grande ammirazione e dal grande rispetto verso gli individui e verso la cultura alla quale chi fotografa appartiene, con lo scopo di smontare e rimontare i segni in una nuova forma di testo. Tutto è uno, e viceversa, e la stratificazione dei livelli di lettura è tale per cui il fruitore è libero di generare sempre nuovi nessi e di costruire il proprio personale orientamento: chi sono loro e chi sono gli altri? Chi sono io? A chi e a cosa serve questo spettacolo? Chi è il pubblico? Quale civiltà suggerisce in prospettiva? Esiste una dimensione ferina in tutto questo? Se sì, quale parte di me è in risonanza con tale dimensione? Dal punto di vista delle soluzioni di linguaggio, TEQUILA 177 si interroga sul significato della pratica fotografica e sulle sue capacità di fare i conti con la comprensione del contesto. questo progetto ha a che fare con l’emersione dell’identità culturale di un insieme di individui attraverso il racconto di una serie di eventi che ruotano attorno ad attività specifiche: la battaglia delle capre. L’aspetto più evidente in questo progetto è che non sono presenti immagini di combattimento. L’accento è stato messo sull’esplorazione visiva piuttosto che sul racconto vero e proprio: ciò che troviamo lì prima, durante e dopo i combattimenti sono frammenti visivi o poco più. Esiste una qualche forma di istinto animale, al di là delle battaglie in sé, e in parte l’autore ne è in sincronia. Non mostrare i combattimenti non significa evitare il confronto quanto piuttosto meglio focalizzare la ricerca e in parte in questo senso sospendere il giudizio. Resta il fatto che le battaglie sono eventi organizzati dagli uomini per gli uomini stessi ed è in questa direzione che si muove l’attenzione. In questo senso i ritratti sono realizzati prima dei combattimenti e rappresentano individui che hanno portato almeno una capra nel ring. Allo stesso modo i paesaggi sono stati fotografati prima delle battaglie, durante le quali sono stati realizzati i dettagli e i ritratti di spalle del pubblico: questi ultimi sono stati stampati, incorniciati e infine fotografati nuovamente secondo una scelta estetica personale dell’autore. Questi eventi sono organizzati dall’Associazione Comité Régional Bataille des Chèvres che riceve un sempre più ridotto contributo pubblico dall’Assessorato all’Agricoltura della RAVA finalizzato a organizzare il campionato: una delle ambizioni dichiarate è quella di fare crescere gli eventi anche in una logica turistica. La domanda dunque è: chi guarda e chi è guardato? Dove si trova l’autore in questa dicotomia? Chi sono i turisti e gli allevatori? Per concludere il progetto si compone di immagini preesistenti: la ricerca termina dopo i combattimenti, in altri luoghi, con le fotografie dei vincitori autoprodotte dagli allevatori e in questo caso scaricate da internet, riquadrate, ritagliate e associate a nuove immagini. Tutti gli elementi sono montati in un corpo di opere dalla struttura circolare: per l’autore la fotografia non può essere concepita al di fuori di un’esperienza dinamica, dal soggetto all’autore e viceversa, dall’interno del fotogramma all’esterno, dal personale al pubblico, avanti e indietro in moto circolare perpetuo. Alessio Zemoz
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